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sabato 30 gennaio 2016

Vaneggiamenti di una Scribacchina 20: "La Letteratura del Brivido Parte III: Il Romanzo Gotico"




“In my view, stories and novels consist of three parts: narration, which moves the story from point A to point B and finally to point Z; description, which creates a sensory reality for the reader; and dialogue, which brings characters to life.”

―  Stephen King


                 
La Letteratura del Brivido, parte III:
Il Romanzo Gotico


Dedichiamo questo appuntamento al romanzo gotico trapassato, passato e presente…

Intorno alla seconda metà del Settecento la nuova sensibilità per il lato oscuro e malinconico della vita creò un fertile terreno per la nascita e lo sviluppo, soprattutto nei paesi anglosassoni, di un genere letterario ispirato ai temi della paura e dell’orrore: il romanzo gotico.

Tale denominazione deriva  sia per il sapore stravagante e nero delle storie sia per la loro cornice “gotica”. 

I romanzi appartenenti a questo filone hanno, infatti, un’ambientazione medievale e caratterizzata da un’architettura prevalentemente gotica, appunto, in tutti gli edifici che fanno da sfondo alle vicende narrate.

Il Medioevo del gotico ha poco a che fare con la storicità e la realtà dei fatti, è, infatti, un Medioevo fantastico e oscuro usato a dovere per creare la giusta atmosfera per i lettori ed ha quindi una funzione quasi ornamentale.

Gli elementi principali alla base di questo genere letterario sono:

-paura
-orrore
-morte
-romanticismo

Nel romanzo gotico le vicende sono caratterizzate da intrecci complessi e oscuri. I personaggi tipici sono ragazze innocenti e perseguitate, monaci corrotti, fantasmi e altre creature soprannaturali. 
Le storie narrate includono spesso fatti di sangue, maledizioni, vendette, profezie e inganni. 
Ricorrenti sono anche il tema del matrimonio mancato e quello della rivelazione d’identità.

L’azione si svolge solitamente in luoghi tetri:

-conventi cupi
-castelli medievali in rovina pieni di passaggi segreti, prigioni e luoghi misteriosi.

L’ambientazione del romanzo gotico è caratterizzata da un forte simbolismo, atto ad aumentare il senso di misticismo, raccapriccio e terrore.

La più significativa novità del genere è la scomparsa del protagonista-eroe.
I personaggi di queste vicende sono anime torturate e inquiete che si portano dietro grandi misteri e molto spesso agiscono sotto l’influenza di forze maligne e soprannaturali.


Nonostante lo sviluppo del genere sia avvenuto in paesi di lingua anglosassone, il setting di queste storie si allontana dall’Inghilterra e gli scrittori del genere immaginano le loro storie ambientate nei paesi del Mediterraneo; sono L’Italia, la Spagna e la Corsica —solo per fare alcuni esempi— ad ospitare dunque il gotico.

Se volessimo ricavare l’origine del genere e rimandarla ad una precisa opera, dovremmo certo fare riferimento allo scrittore britannico Horace Walpole e al suo romanzo del 1764 “Il Castello di Otranto” che non a caso nella sua seconda edizione presenta il sottotitolo “A Gothic Story”.

Altre opere famose sono “I misteri di Udolfo”, “Il Confessionale dei Penitenti Neri” di Anne Radcliff, “Il monaco” di M. G. Lewis e “Vathek“ di William Beckford.

I romanzi gotici d’origine, pur essendo contraddistinti tutti da un medesimo gusto per l’orrido, si possono suddividere in due categorie:

-Romanzi nei quali alla fine ciò che era ritenuto soprannaturale trova una spiegazione razionale (come avviene nelle storie della Radcliff, famose non solo per il “soprannaturale razionalizzato”, ma anche per aver sviluppato la base del “brooding hero” che contribuirà alla creazione dell’eroe romantico Byroniano).

-Romanzi nei quali il soprannaturale è rappresentato come reale in mondi nei quali i fantasmi e i demoni esistono davvero (è questo il caso de “Il Castello di Otranto, per esempio). 

Questo secondo gruppo è quello che ha reso famosi alcuni temi che sono poi divenuti cari alla letteratura dell’Horror come la possessione demoniaca, la maledizione, il patto con il diavolo.

Il romanzo gotico continua nella sua scalata verso il successo per tutto il corso della seconda metà del diciottesimo secolo per regalarci durante il diciannovesimo secolo i capolavori di Edgar Allan Poe, Mary Shelley e Bram Stoker.


Anche in Germania si sviluppò una specifica corrente gotica che di solito prende il termine di “Shauerroman”, ossia “romanzo del brivido” o “Geisterroman” “romanzo di fantasmi”.

Tuttavia una sovrapposizione perfetta fra gotico anglosassone e Shauerroman non è sempre possibile, poiché sebbene le due correnti abbiano dei temi in comune —ambientazione medioevale, presenza di castelli gotici, fantasmi— ci sono anche delle caratteristiche che separano i due generi come la presenza, in quello di matrice tedesca, di elementi della trama particolari:

-negromanzia
- società segrete
-presenza di un tono molto più pessimista.
-motivo del doppelganger (per esempio nel romanzo “The Devil’s Elixirs” di E. T. A. Hoffmann.

Torniamo al mondo gotico anglosassone…

Con l’arrivo dell’epoca vittoriana il romanzo gotico comincia ad essere sminuito dai critici e il successo delle storie di questo genere inizia a diminuire sensibilmente lasciando il posto al romanzo storico, reso popolare da Sir W. Scott.

Nonostante l’asprezza dell’opinione dei critici il periodo è caratterizzato da una fase creativa molto produttiva. È nell’età vittoriana che compaiono lavori recentemente rivalutati dalla critica letteraria come  le serie di fiction “Penny Dreadful” scritte da autori come G. W. M. Reynolds, famoso per la sua trilogia di romanzi gotici:

-Faust (1846)
- Wagner the Wehr-wolf (1847)
-The Necromancer (1857)

L’influenza dell’eroe Byroniano e delle atmosfere oscure del gotico è presente anche nelle tetre opere delle sorelle Brontë, al punto da aver spinto i critici a coniare il termine di “Gotico femminile”, quasi una sorta di branca a sé stante della narrativa gotica che esplora il micro-cosmo della realtà domestica delle donne del tempo e si ribella contro la gerarchia patriarcale della società (un esempio in questo caso può essere la protagonista concepita da Charlotte Brontë in Jane Eyre) o la Cathy creata da sua sorella Emily. 

Estremamente evidente è la dimensione gotica del romanzo  “Wuthering Heights” (1847) che  tinge di disperata oscurità i selvaggi campi (moors) dello Yorkshire ed è caratterizzato da apparizioni semi-soprannaturali di “fantasmi del passato” e un protagonista maschile (Heathcliff) che presenta tutti gli elementi dell’anti-eroe byroniano, personificazione quasi demoniaca della crudeltà.

Anche l’opera di Elizabeth Gaskell presenta diversi elementi gotici, in particolare il motivo del “peccato ancestrale”, il concetto di colpa dell’antenato che perseguita le future generazioni come avviene nel suo racconto “The Doom of the Griffiths” (1858).

Maggiore linfa vitale al genere viene iniettata dalla rielaborazione che durante questo periodo  fa Edgar Allan Poe  che si concentra molto meno sui temi classici del gotico —nonostante le sue opere mantengano un marcato gusto per il bizzarro— in favore di un più significativo sviluppo psicologico dei personaggi e un’attenta analisi del motivo della follia e di un’accurata esplorazione delle “paure dell’anima” (si veda come esempio la magnifica storia “The Fall of the House of Usher”, 1839).

Come molti altri generi neppure il gotico può sfuggire alla parodia e alla satira ed è della penna di Jane Austen (eh, sì… no potevo non includerla :P) che ci viene il più famoso esempio di parodia del gotico, con il suo romanzo “Northanger Abbey” (1818).
 Nella storia, infatti, l’innocente e ingenua protagonista, dopo aver trascorso troppo tempo a leggere letteratura gotica, inizia a percepirsi come un’eroina degna di un romanzo della Radcliff e comincia a immaginare omicidi, malvagità e misteri dietro ogni angolo, solo per vedere tutti i propri sospetti assolutamente ridimensionati e prosaicizzati alla fine.

Nel corso del ventesimo secolo, il gotico non è certo stato dimenticato e anzi a partire dagli anni cinquanta si è vista una nuova fioritura di opere a carattere gotico, ora raggruppata sotto l’egida di “New Gothic”, dai lavori di Phyllis A. Whitney a quelli di Anne Rice e Stephen King.

Una nicchia particolare del gotico moderno è quella del “Gotico del Sud”, sviluppatasi negli Stati Uniti che trasferisce i caratteri tipici delle ambientazioni gotiche negli stati del Sud. Alcuni esempi sono costituiti da William Faulker, Flanney O’Connor, Harper Lee e ancora Anne Rice  (Louis e Lestat, due dei suoi angelici e torturati vampiri più amati, vivono molte delle loro storie in tutto o in parte nella Louisiana) e Charlaine Harris con i suoi “Vampiri del Sud”, famosi per aver dato vita alla serie televisiva “True Blood”.


E siamo alla fine di questa uscita...

Apro una piccola parentesi tecnica per informarvi che il prossimo appuntamento vaneggiante salterà di 3 settimane, perché la sottoscritta scribacchina è immersa nell’editing dai piedi agli occhi @_@

 La rubrica tornerà, quindi il 27 Febbraio con un appuntamento sempre dedicato alla Letteratura del Brivido che approfondirà il discorso, parlando degli archetipi dell’Horror.




Per altre informazioni, ecco qualche link utile…

https://it.wikipedia.org/wiki/Romanzo_gotico

https://en.wikipedia.org/wiki/The_Castle_of_Otranto

https://it.wikipedia.org/wiki/Matthew_Gregory_Lewis

https://it.wikipedia.org/wiki/Vathek_(romanzo)

https://it.wikipedia.org/wiki/Ann_Radcliffe

https://it.wikipedia.org/wiki/L%27abbazia_di_Northanger

https://en.wikipedia.org/wiki/Bront%C3%AB_family

https://en.wikipedia.org/wiki/Elizabeth_Gaskell

https://it.wikipedia.org/wiki/Edgar_Allan_Poe

https://it.wikipedia.org/wiki/Penny_dreadful

https://it.wikipedia.org/wiki/Anne_Rice

https://it.wikipedia.org/wiki/Stephen_King

https://it.wikipedia.org/wiki/Charlaine_Harris

https://it.wikipedia.org/wiki/True_Blood

mercoledì 27 gennaio 2016

NON dimentichiamo...

Oggi mettiamo da parte libri, scrittura e musica per ricordare che non bisogna mai dimenticare.
Dedichiamo un pensiero a tutte le vittime della Shoah.

sabato 23 gennaio 2016

Vaneggiamenti di una Scribacchina: 19 "La letteratura del Brivido, Parte II: Le origini dell’Horror come genere letterario e il suo sviluppo,"



“You get a little moody sometimes but I think that's because you like to read. People that like to read are always a little fucked up.” 

―  Pat Conroy 


                 
La Letteratura del Brivido, parte II:
Le origini dell’Horror come genere letterario e il suo sviluppo.


In questa vaneggiante uscita della rubrica, trattiamo —come suggerisce il sottotitolo— di come l’horror si è sviluppato nei secoli in varie forme fino ad affermarsi nel corso del diciannovesimo secolo come un vero e proprio genere letterario.

Storie macabre e truculente, fantasmi e mostri assetati di sangue, luoghi spaventosi e avventure terrificanti hanno suscitato fin dai tempi più remoti l’interesse del pubblico. 

Le origini di quello che oggi conosciamo come genere horror si possono riconoscere tanto nei più antichi testi sacri di svariate religioni, quanto nei miti  greci e romani. 

Letterariamente parlando, prime tracce di orrore a scopo di intrattenimento si possono facilmente riconoscere nei poemi epici. 
In questi, infatti, sono presenti —giusto per fare degli esempi— viaggi nel mondo dei morti, atti di cannibalismo, morti violente descritte minuziosamente, apparizioni soprannaturali e misteriose.

Nella letteratura fantastica, il soprannaturale, il ripugnante e il terrificante iniziano ad assumere sempre più peso durante il medioevo e marcano certamente la letteratura —e la produzione teatrale in particolare— del periodo rinascimentale.

Il Teatro del Cinquecento inglese è trapuntato di morte e sofferenza; particolarmente nella produzione di Shakespeare abbondano gli omicidi, i suicidi, gli atti di vendetta e sempre più spesso al tragico si accompagnano il tema della follia e quello del  soprannaturale, con apparizioni inquietanti di fantasmi arrabbiati e senza pace e ambientazioni lugubri. 
Ci sono streghe e infanticidi nel Macbeth e un spettro che incita alla vendetta nell’Amleto, giusto per citare due opere.

L’orrore, tuttavia, inizia a muovere passi più decisi nel mondo della letteratura a partire dalla fine del Settecento, quando nasce un vero e proprio genere letterario: quello del romanzo nero, o dell’orrore, appunto.
Questo genere che si sviluppa in seno alla letteratura fantastica, si propone di suscitare nei lettori emozioni forti e molto spesso fortemente negative:
-paura
-ansia
-turbamento
-tristezza
-orrore

In questo periodo si viene a costituire, soprattutto nella letteratura anglosassone quello che chiamiamo “romanzo gotico” che per il momento mettiamo da parte (torneremo su di esso durante il prossimo appuntamento vaneggiante, perché a mio avviso, quella particolare branca dell’horror merita un’uscita tutta per sé).

Torniamo all’horror e a come esso si è conquistato un posto fra i generi letterari… 

Il cambiamento significativo che ha liberato le storie orrorifiche dell’etichetta generica di “romanzi fantastici” avviene con il romanticismo.

Durante l’Ottocento l’interesse post-illuminista per tutto ciò che c’è di misterioso e soprannaturale inizia a farsi sempre più radicato, probabilmente in reazione al crescente numero di scoperte scientifiche che caratterizzano questi secoli.

Il racconto horror diviene uno strumento per meditare sugli stravolgimenti che l’uomo sta imponendo alla natura e spesso (pensiamo al capolavoro di Mary Shelley) si fa portatore di una sorta di avvertimento della caduta che segue l’orgoglio nel potere della scienza quando esso si contrappone alla forza della natura e alle regole dell’etica, della morale religiosa e di quella civile.
I più significativi sforzi letterari di questo filone fanno riferimento all’ambito anglosassone e alle opere di autori come Bram Stoker, Edgar Allan Poe, Mary Shelley e H. P. Lovecraft.

In particolare Lovecraft per la dimensione del fantastico e Poe per quella del macabro e del grottesco sono ancora oggi considerati i maggiori fautori di questa branca e a loro si attribuisce non solo l’acquisizione della dignità letteraria dovuta al genere, ma anche l’evoluzione dell’horror alla sua espressione più moderna, tuttora alla base della produzione contemporanea.




Per approfondire:

https://en.wikipedia.org/wiki/Mary_Shelley

https://en.wikipedia.org/wiki/Bram_Stoker

https://en.wikipedia.org/wiki/H._P._Lovecraft

https://en.wikipedia.org/wiki/Edgar_Allan_Poe

sabato 16 gennaio 2016

Vaneggiamenti di una Scribacchina: 18 "La letteratura del Brivido, Parte I: Perché leggiamo l'Horror?"



“Books are the perfect entertainment: no commercials, no batteries, hours of enjoyment for each dollar spent. What I wonder is why everybody doesn't carry a book around for those inevitable dead spots in life.”

- Stephen King

                 
La Letteratura del Brivido, Parte I: 

Perché leggiamo l'Horror?


Benvenuti a questo primo appuntamento vaneggiante del 2016 che apre una nuova “sezione” della rubrica: quella dedicata agli approfondimenti letterari. 

In questa prima “serie” parleremo della Letteratura del Brivido e dei suoi vari sottogeneri e aspetti più caratteristici.

Perché esiste la letteratura del brivido? 

Quale bisogno primigenio soddisfa?

Perché ci piace leggere storie che ci spaventano?

Tutte domande perfettamente logiche, no?

 E nessuno potrebbe rispondere ad esse meglio del maestro indiscusso del brivido moderno.

Ecco perché, in questa introduzione, passerò virtualmente il testimone all'inimitabile Stephen King e userò le sue parole per descrivere il concetto di Paura e il rapporto di attrazione e repulsione che le persone in generale e coloro che leggono in particolare hanno con essa.

*“Parliamo, voi e io. Parliamo della paura.
La casa è deserta, mentre scrivo; fuori cade una gelida pioggia di febbraio. È sera. A volte quando il vento soffia come sta soffiando ora, la luce se ne va. Ma per ora c’è, perciò parliamo molto francamente della paura. Parliamo molto razionalmente di come si arriva all’orlo della follia… e forse al di là del baratro.

Non alzeremo la voce e non ci metteremo a urlare. Parleremo razionalmente. Voi e io. Parleremo del modo in cui il solido tessuto delle cose si disfa, a volte, con una subitaneità che ci lascia scossi.

Perché la gente legge roba simile, come mai si vende? Questa domanda nasconde in sé un presupposto, e il presupposto è che una storia sulla paura, una storia sull’horror, è di gusto malsano.

Via che diveniamo consapevoli della nostra scomparsa, diveniamo consapevoli della paura.


La paura è uno stato d’animo che ci acceca. Di quante cose abbiamo paura? Abbiamo paura di spegnerla luce con le mani bagnate. Abbiamo paura di conficcare un coltello nel tostapane per tirar fuori la fetta rimasta incastrata senza staccare prima la spina. Abbiamo paura di quello che può dirci il medico quando  la visita è finita; o quando l’aereo precipita improvvisamente in un vuoto d’aria. Abbiamo paura che il petrolio possa esaurirsi, che possa esaurirsi l’aria buona, che possa finire il nostro benessere, o l’acqua. 
Quando nostra figlia promette di essere a casa per le undici ma è ormai mezzanotte e un quarto e l pioggia batte come pietrisco contro i vetri, fingiamo di guardare tranquillamente la televisione ma ogni tanto l’occhio corre al telefono muto e avvertiamo quell’emozione che ci rende ciechi, che furtivamente manda in rovina i processi mentali.
Il bimbo è un essere senza paura soltanto fino alla prima volta che la mamma non è la per ficcargli il capezzolo in bocca appena lui piange. 
Il pargoletto scopre ben presto le penose e brusche verità della porta che sbatte, del fornello che scotta, della febbre che sale quando ha l’influenza o il morbillo. I bambini imparano in fretta la paura; la leggono sulla faccia del padre o della madre quando il genitore entra nel bagno e li sorprende  con in mano la boccetta di pillole o il rasoio.
La paura ci rende ciechi e noi tocchiamo ciascuna paura con l’avida curiosità dell’interesse personale, cercando di ricavare un intero da cento parti.

Captiamo la forma. I bambini l’afferrano facilmente, la dimenticano, tornano ad impararla da adulti. La forma è là, e tutti arriviamo presto o tardi a comprendere che cosa è:è la forma di un cadavere sotto un lenzuolo. Tutte le nostre paure assommano a una sola, grande paura, fanno tutte parte di quell’unica paura: un braccio, una gamba, un dito, un orecchio. Abbiamo paura del cadavere sotto il lenzuolo. È il nostro cadavere. E il grande significato della narrativa dell’orrore, in tutte le epoche, è che essa serve da prova generale per la nostra morte.

Chi scrive storie dell’orrore porta sempre cattive notizie: un giorno morirai, afferma.

Ti prende la mano, la imprigiona nella sua, ti accompagna nella stanza, ti fa mettere le mani sulla forma che sta sotto il lenzuolo… e ti dice di toccarla qui… qui… e qui…

La paura è sempre stata qualcosa di grosso. Anche la morte è sempre stata qualcosa di grosso. Sono due delle costanti umane. Ma soltanto chi scrive dell’orrore e del soprannaturale offre al lettore l’occasione di una identificazione totale e di una catarsi.
Chi lavora nel genere e ha un’idea anche pallidissima di quello che fa, sa perfettamente che l’orrore, il soprannaturale costituiscono una specie di schermo, un filtro tra il conscio e il subconscio; nella psiche umana, la narrativa dell’orrore è come una stazione
 Centrale della sotterranea tra la linea azzurra di ciò che possiamo interiorizzare senza pericolo e la linea rossa di quello di cui dobbiamo sbarazzarci in un modo o nell’altro.

Davanti a un racconto dell’orrore, non riusciamo a credere realmente a quello che leggiamo. Non crediamo nei vampiri, nei lupi mannari, nei camion che improvvisamente si mettono in moto e si guidano da soli. Gli orrori ai quali tutti crediamo sono quelli descritti da Dostoevskij, Albee, MacDonald: l’odio, l’alienazione, la vecchiaia senza amore, l’avanzare in un mondo ostile sulle gambe malferme dell’adolescenza. Siamo spesso, nella quotidiana realtà, come le maschere della Commedia e della Tragedia, sorridiamo di fuori, facciamo una smorfia di dentro. C’è un punto centrale di scambio dentro di noi, un trasformatore, dove i fili che partono dalle due maschere si collegano. Ed è quello il punto dove così spesso il racconto dell’orrore colpisce nel segno. 

Il racconto di mostruosità e di terrore e come un cesto riempito alla rinfusa di fobie: quando l’autore passa accanto a voi, prendete dal cesto uno dei suoi orrori immaginari e deponete al posto di quello uno dei vostri orrori reali… almeno per un po’ di tempo.

Chi scrive racconti dell’orrore, quando coglie nel segno, è quasi sempre al termine dove le due linee fanno capo. E, quando ci dà il meglio di sé, abbiamo spesso la strana sensazione di non essere né addormentati né svegli. Il tempo si altera, si deforma, udiamo voci ma non riusciamo a distinguere le parole, il sogno sembra reale e la realtà è simile a un sogno.
È un terminal strano e meraviglioso.”


Be’… direi che nessuno spiega il nostro fascino per la paura e il nostro bisogno di esorcizzarla attraverso il fantastico meglio di Stephen King, non trovate?

Questa necessità di scrittori e lettori di “sostituire” terrori reali con paure immaginarie è quindi la ragione-base per la quale esiste la letteratura del brivido che esploreremo nei prossimi vaneggianti appuntamenti.

Il prossimo weekend, non perdetevi perciò, l’uscita scribacchinosa della seconda parte de “La letteratura del Brivido” nella quale tratteremo dell’Horror come genere letterario.




*Gli stralci sopra trascritti sono tratti dalla prefazione che Stephen King stesso scrisse per la sua raccolta “Night Shift” del 1978 (A volte ritornano), se vi è possibile vi consiglio di leggere l’intero brano, oltre che alla stupenda raccolta in sé, ovviamente.


Per approfondire:

https://en.wikipedia.org/wiki/Night_Shift_(book)

mercoledì 13 gennaio 2016

Premi Giveaway BB!

Ecco, come promesso, una foto dal vivo dei premi a tema -in viaggio in questo stesso momento verso il vincitore- del giveaway per "Blood Butterfly", organizzato su Goodreads e conclusosi lo scorso 7 Gennaio!

Ps Anche "Come back to me", il primo capitolo della duologia di Griefbury avrà un giveaway a partire da domani. Approfittatene!

mercoledì 6 gennaio 2016

Come back to me

"Come back to me", il primo capitolo autoconclusivo della duologia paranormal fantasy/horror di "Griefbury" è disponibile per l'acquisto  in formato Kindle e tra breve sarà online su Amazon anche la versione cartacea.

Il libro è disponibile anche per Kindle-Unlimited!

Ecco la bellissima "glacialissima" cover realizzata dalla bravissima Elisabetta Baldan e la trama:



"Sam e Anne Travers sono una giovane coppia molto unita e molto innamorata che si vede costretta ad affrontare la malattia e la morte dell’unico figlio, il piccolo Danny di soli cinque anni. 
Davanti all’inesorabile lutto la coppia si divide e si sgretola. Sam, psichiatra con i piedi per terra e nessuna fede nell’aldilà, è affranto dal dolore ma cerca di conviverci, di non farsi schiacciare completamente da esso, anche per il bene dell’amata moglie, e tenta ogni giorno di andare avanti con la propria vita, provando a rassegnarsi all’inevitabile: Danny è scomparso per sempre e non tornerà mai più, né sarà possibile per lui un giorno rivederlo. La sua è una scelta arida, dura, ma che in qualche modo comunque lo conforta, spingendolo ad allontanarsi dai suoi cupi pensieri di morte e a rimanere in contatto con la vita. Anne, insegnante di letteratura e lingue antiche, è molto diversa da suo marito, cominciando dal fatto che laddove lui è agnostico, lei è una fervente mistica, la perdita del bambino non è qualcosa alla quale può rassegnarsi, non è una cosa con cui imparare a convivere, è una cosa da respingere con tutte le proprie forze. Il dolore della sua morte è troppo devastante; suo figlio non può essere svanito per sempre, di lui non può essere rimasto solo il ricordo, come sostiene Sam. Incapaci di comprendersi, i due si chiudono ciascuno nel proprio dolore, un dolore che per Anne è senza via d’uscita. Adesso la disperata madre ha un segreto. C’è solo una possibilità per lei, la scelta è semplice: rivedere Danny o morire. La donna è pronta a fare qualsiasi cosa per ottenere ciò che desidera, anche sfidare le leggi della natura, giocando con una magia antica e pericolosa, in bilico sul confine fra vita e morte. Cosa c’è tra questo mondo e l’altro? Si può veramente tornare indietro, una volta varcata la soglia che li divide? E se ci fosse un prezzo da pagare, a chi verrebbe mandato il conto? La ridente cittadina britannica di Griefbury, residenza dei Travers, presto conoscerà la terribile risposta a questa domanda durante un nevoso e rigido inverno, quando si ritroverà al centro dell’Apocalisse in un mondo dove i morti, guidati da affetti ormai dimenticati, resuscitano e tornano da te affamati… Tra antichi riti magici e lotte all’ultimo sangue con orde di morti viventi Sam, Anne e i loro amici dovranno cambiare le loro priorità e tentare disperatamente di salvare il mondo a qualunque costo. Ma si può veramente chiudere una porta, una volta che la si è spalancata? In questo romanzo, infestato da coloro che ritornano e sempre in bilico fra horror e urban fantasy, fra antichi sortilegi egizi e segni apocalittici che cadono dal cielo, per un motivo o per un altro, l’amore è sempre al centro e ha sempre fame. Alla fine, ci sarà un’unica verità da tenere a mente: a Griefbury, il dolore seppellisce e non rimane mai sepolto…"




Stay tuned nei prossimi giorni per altre novità!