Image and video hosting by TinyPic

Menu

Friends

sabato 29 agosto 2015

Vaneggiamenti di una Scribacchina: 5 "Il Romanzo"



“A room without books is like a body without a soul.” 

― Marcus Tullius Cicero

                 
 Il Romanzo

Come suggerisce il titolo, oggi parleremo del romanzo come “forma” narrativa.
Per ora non faremo riferimento ai vari generi che un romanzo può assumere, limitandoci a discuterne come tipologia di narrativa in generale.

Quando analizziamo il romanzo ci troviamo di fronte a un tipo di narrativa molto complesso, ibrido per molti versi, nel quale sono riuniti diversi aspetti propri di altre forme espressive -narrative e non- come il saggio, il cinema, il teatro e la lirica, solo per nominarne alcune; per questa ragione, e molte altre, non è facile inquadrare che cosa sia il romanzo e darne una definizione specifica, vista la sua natura mutevole.

Tuttavia, si possono certamente individuare con facilità alcune caratteristiche indiscutibilmente presenti in tutti i romanzi.

Il romanzo è una narrazione alla quale i lettori non “assistono” direttamente, in quanto la storia arriva ad essi tramite l’intermediazione, il filtro, dello scrittore che decide cosa mostrare e cosa non e, soprattutto, decide come farlo*.

Altri due punti sui quali non si prescinde è che il romanzo è scritto in prosa nella sua quasi-totalità -nella maggior parte dei casi- e che la storia narrata è fittizia e/o presenta elementi appartenenti alla realtà usati in modo fittizio, tutto questo in parole povere significa che la trama di un romanzo è sempre inventata.

Per riassumere si può, dunque, definire il romanzo come narrazione in prosa di una storia fittizia che abbia una fabula.

Come sappiamo, il romanzo può assumere svariate “forme” espressive, questo anche grazie alla sua stessa natura fluttuante e costantemente in cambiamento che permette agli autori di sperimentare moltissimo.
Per questo motivo vengono considerati romanzi e accomunati sotto una stessa classificazione lavori che differiscono moltissimo fra loro sotto vari aspetti:

-tema trattato
- struttura impiegata
-valore della narrazione sul piano morale

Le varie opere che prendono l’etichetta di romanzo, dunque, pur presentando  tratti comuni, possiedono anche caratteristiche specifiche che vanno a costituire i vari sottogeneri del capostipite della classificazione stessa, il romanzo, appunto.


Per “fare ordine” nell’immensa mole di aspetti riferibili al romanzo nelle sue varie forme è opportuno effettuare alcune distinzioni di base, prima di avventurarsi nel vasto campo narrativo in cui ciascun fiore è un genere a sé stante.

Una prima differenziazione fra romanzi può essere fatta in base alla tematica che sviluppano o alle tecniche di composizione utilizzate; una seconda distinzione sulla quale insistono i testi  -ma che personalmente trovo di difficile applicazione, considerata la natura in costante evoluzione del romanzo, della società che tenta di descrivere e del rapporto esistente fra i due- è quella data dal valore artistico intrinseco di un romanzo che lo pone, a seconda di una serie di criteri molto diversificati, fra i volumi dell’alta letteratura o  fra quelli di una letteratura che i teorici considerano “bassa” e cioè quella di intrattenimento. 

Come si sarà capito, io non credo molto in quest’ultima distinzione è trovo che ci siano tantissimi autori passati e presenti di letteratura d’evasione degni di nota non solo dal punto di vista delle storie che hanno narrato/narrano, ma anche da quello delle strutture che sorreggono tali storie.

Non dimentichiamoci il valore e l'impatto di voci narrative “popolari” come quella di Agatha Christie, Isaac Asimov, Anne Rice o il mio amato Stephen King che in “On Writing” incoraggia i romanzieri a non demoralizzarsi quando i critici li sminuiscono, dicendo che non tutti possiamo essere John Updike -e io aggiungo che, se è per questo, non tutti vogliamo essere John Updike per quanto possa essere bravo, anche se sicuramente il premio Pulitzer fa gola a molti ;P- e che anche la letteratura d’intrattenimento ha un valore non da poco.

Mi sento di fare un altro piccolo appunto su questa distinzione fra “alta” e “bassa” letteratura e cioè che il valore di un buon libro necessariamente può e deve migliore con il passare degli anni, esattamente come accade con un buon vino; non tutti i romanzi nascono classici, molti lo diventano con gli anni, si pensi alle opere della geniale Jane Austen, apprezzate tanto dai consumatori “popolari”, quanto dai reggenti del tempo, ma non particolarmente degnate di nota dai critici per diversi decenni.

È stiamo parlando di Jane Austen!!!
Non serve dire altro, vero?


Ma torniamo sul binario e lasciamo perdere le invettive…



Se distinguiamo i romanzi in base alla loro tematica e alle tecniche narrative adoperate, possiamo raggrupparli in quattro macro-gruppi:

-Romanzi d’azione o di eventi, nei quali l’elemento di maggiore rilievo è la trama (es. Romanzo d’avventura)

- Romanzi d’ambiente e di carattere, nei quali l’attenzione del narratore si sposta dall’azione per focalizzarsi sui personaggi e il loro rapporto con l’ambiente (narrazione realista, es: romanzo storico)

- Romanzi d’analisi, nei quali è messa in primo piano l’interiorità dei personaggi (narrazione frequentemente in prima persona o in forma epistolare)

- Romanzi sperimentali, nei quali l’autore mette di proposito in discussione i temi e le strutture portanti del romanzo tradizionale “giocando” principalmente con tre livelli narrativi:

1 Livello dei materiali; si pensi a romanzi che mettono insieme trama o dialoghi inventati dall’autore e “pezzi” di opere preesistenti** (es. Orgoglio e Pregiudizio Zombie).

2 Livello  delle strutture narrative; il romanziere mette a nudo la natura fittizia del romanzo (meta-romanzi).

3 Livello del linguaggio; il narratore sperimenta con diversi stili linguistici e li mescola (es. mescolare gergo e lingua tradizionale nei dialoghi).

Come mi è già capitato di scrivere prima, naturalmente questi raggruppamenti non hanno confini ben definiti e molte volte i romanzi in essi contenuti rompono gli schemi, creando tipologie narrative ancora più diverse o mescolando quelle esistenti.



*Parleremo delle varie “tecniche narrative” (flash back, digressioni, flash-forward, anticipazione…) in future uscite della rubrica.
**Rientra in questo filone la narrativa “mash-up” della quale parleremo in un’uscita specifica)


Novità di Settembre!

Settembre è alle porte e con esso arriveranno diverse novità.

Uscirà il cartaceo di Sangue e Ossa, sia in italiano che in inglese!

Sarà disponibile anche il cartaceo di Vive o Morte vol. I e II e quello molto atteso di Blood Butterfly e per  celebrarne l’uscita  ci sarà anche un giveaway (del quale nelle prossime settimane vi darò i dettagli) che  avrà un primo e un secondo classificato e offrirà al vincitore assoluto oltre ad una copia del libro autografato, una splendida sorpresa che presto svelerò!

Settembre accompagnerà anche l’uscita del primo capitolo della mia duologia horror splatter/urban fantasy “Griefbury”, della quale vi parlerò meglio prossimamente!

Intanto come al solito ecco la nuova canzone per “Song ofthe Week”.

Ps: Vi ricordo che Bussa alla tua porta è disponibile in download gratuito su Kindle-Amazon ancora per poco, affrettatevi!

Pps, è finalmente online anche la pagina dedicata a Vive o Morte, date un’occhiata, se vi va!




sabato 22 agosto 2015

Vaneggiamenti di una Scribacchina: 4 " Le Forme della Narrativa"



“You can never get a cup of tea large enough or a book long enough to suit me.” 

― C.S. Lewis

                 

 Le Forme della Narrativa


Oggi parleremo della Narrativa, dei suoi “sottogeneri” e della classificazione di essi.

La narrativa, come abbiamo spiegato la volta precedente -e come certamente la maggior parte di voi sapeva già :p - comprende tutti quei testi in versi o prosa che presentano i seguenti aspetti:

- Una storia narrata costituita da un susseguirsi di azioni connesse da rapporti di causa-effetto.
- Dei personaggi che portano avanti queste azioni all'interno della trama narrata.
- Una voce narrata che espone i fatti.

Tutte e tre queste caratteristiche della narrativa saranno meglio descritte e approfondite in altre uscite della rubrica.

Il nucleo della storia narrata prende il nome di fabula -anche su questa torneremo in futuro-, un termine latino che significa appunto “narrazione”, “racconto”. 

I testi narrativi che contengono una storia prendono il nome di testi con fabula, a questa categoria appartengono, ad esempio, i romanzi, ma anche le fiabe, i racconti, le novelle…

Vista la semplicità dietro alle regole che costituiscono le categorie della fiction, per farci un’idea dei vari generi -qui intesi come "forme"- della narrativa prenderemo a modello la classificazione usata dalla letteratura di lingua inglese che non fa altro che raccogliere i vari generi in classi distinte in base al numero delle parole scritte.

Secondo me uno scrittore di narrativa si muove sempre su una linea di demarcazione molto, molto sottile e molte volte quando gli viene chiesta la differenza fra un racconto, una novella o un romanzo non sa fornire una spiegazione che vada al di là di quelle più ovvie, partendo dal racconto e arrivando al romanzo è tutto posto in crescendo. 

L’intreccio è sempre più complesso, lo scioglimento è sempre meno immediato, i personaggi per ragioni di “spazio e tempo” sono sempre più convoluti, sempre più approfonditi, e via dicendo…

Chi si occupa di teoria probabilmente dirà che no, non va per niente bene! 

Che ci sono ben altre differenze -stilistiche, per fare un esempio- fra un racconto, una novella, è un romanzo, ma chi scrive -almeno è così nel mio caso- quando lo fa, ha in mente solo una cose, la storia, e, nello scriverla, si fa guidare molto dal proprio istinto. 

In fondo la scrittura è un esercizio creativo non si possono porre troppe regole ad essa, altrimenti dove va a finire la spontaneità?

Visto che questa è una rubrica, seppur vaneggiante, di scrittura, qui la teoria la accenneremo solamente e ci affideremo molto di più al senso pratico.

Questo è un altro motivo per cui adesso vi andrò ad esporre la classificazione dei sottogeneri della narrativa in inglese: è semplice, pratica, utile e si basa sul conteggio delle parole…


Without further ado, eccovi le varie categorie:


  • Novel (Romanzo)= più di 40,000 parole



  • Novella = dalle 17,500 parole alle 40,000



  • Novellette = dalle 7,500 parole alle 17,500



  • Short Story (Storia breve; racconto) = dalle 7,500 parole in giù



Negli ultimi anni si è aggiunta un’altra categoria diciamo “non-ufficiale”, quella delle flash-fictions, cioè micro-storie con un conteggio-parole che non supera 1000.

Facciamo una precisazione: la novella generalmente differisce dal romanzo non solo per la lunghezza ovviamente, ma anche per la presenza di un minore “conflitto” e l’assenza di sub-trame, di punti di vista multipli e di vicende troppo complicate/troppo rivolte verso l’esterno e lascia al lettore un’impressione di “brevità” indipendentemente dal numero delle parole di cui è composta; allo stesso modo, essa si allontana dal racconto perché presenta una più approfondita analisi dei personaggi e descrizioni più ampie del mondo interiore ed esteriore ad essi.

Ovviamente queste “leggi” non sono scritte nella pietra e la lunghezza di un’opera di narrativa può variare moltissimo -anche in base al genere letterario al quale appartiene- e in maniera indipendente dalla categoria nella quale la si fa rientrare. 



Ecco un paio di link utili su questo argomento per chi volesse approfondire...

https://en.wikipedia.org/wiki/Word_count

https://en.wikipedia.org/wiki/Novella

https://en.wikipedia.org/wiki/Novel

https://en.wikipedia.org/wiki/Short_story

https://en.wikipedia.org/wiki/Flash_fiction


sabato 15 agosto 2015

Vaneggiamenti di una Scribacchina: 3 "Fiction & Nonfiction, il genere letterario in generale"


“There is no friend as loyal as a book.”
- Ernest Hemingway

                 

 Fiction & Nonfiction, 
il genere letterario in generale


Forse non è necessario dedicare troppa attenzione alla classificazione formale dei generi letterari, considerando che la maggior parte dei lettori e- si spera- degli scrittori la conosce già, tuttavia mi sembrava doveroso spendere qualche parola, visto che, dopotutto, vaneggiante o no, questa è comunque una rubrica di scrittura; fingiamo perciò di essere seri e parliamo un po’ di categorie letterarie.

Prima di cominciare, faccio una piccola precisazione: a me, come a molti altri scrittori, credo, pensare troppo al genere letterario di una data opera non piace poi così tanto, e sono fermamente convinta che la classificazione in generi sia più utili in una fase “critica”, di lettura di un libro che non in fase di scrittura. 

A me, piace “seguire la storia” e lasciarmi trasportare, per dirla un po’ alla Stephen King e non stare troppo a fiscalizzare, ma mi rendo conto della necessità di aver chiaro quanto meno uno schema dei generi letterari, è per questo che siamo qui oggi…

Come sappiamo, un testo non esiste in solitudine in uno spazio isolato, ma fa riferimento al panorama della letteratura, nella quale, in fondo, dovrebbe prendere posto; questo perché una storia, di qualunque tipo essa sia, non è frutto della sola genialità dell’autore - per quanto ci piacerebbe illuderci del contrario- ma nasce e si sviluppa in relazione ad altre opere dello stesso genere, o di generi simili. Questa fitta rete di rapporti letterari permette ai lettori di comprendere dove si colloca una data opera e offre loro la possibilità di cogliere similitudini e differenze, cliché e originalità.

Una definizione precisa di genere letterario -non mia: troverete i riferimenti bibliografici alla fine della rubrica- potrebbe essere la seguente: un raggruppamento di opere omogenee, perché accomunate da una serie di caratteristiche riguardanti le scelte tematiche e stilistiche e le regole di costruzione.

Bisogna, tuttavia specificare che, il tema che si sceglie di trattare all’interno di un’opera non è troppo significativo nella delineazione del genere letterario, in quanto uno stesso tema può figurare in diversi generi letterari - basti pensare a un delitto che può comparire tanto in un romanzo thriller quanto in un drammatico; è facile capire come la differenza di genere, nonostante la consistenza tematica, possa portare la storia in diverse direzioni- quel che essenzialmente caratterizza il testo, è  la relazione presente fra organizzazione tematica e piano formale.

Nelle opere di un dato genere ricorrono una serie di elementi comuni, indipendentemente dal modo in cui l’autore decide di trattarli, chiaramente personale e influenzato dallo stile e dalle sue esperienze. L’intreccio di questi elementi, ci permette di creare l’archetipo, il modello di un dato genere letterario, al quale gli autori fanno riferimento.

Ribadisco che, tale modello non vuole essere un programma con il quale chi scrive deve necessariamente far coincidere la propria opera -dopotutto se lo facesse, non ci sarebbe più nessuna libertà creativa- ma si pone solo come una sorta di linea guida alla quale si dovrebbe fare riferimento durante la stesura per far sì che un dato romanzo presenti “tratti” riconoscibili dai lettori.

Che ci piaccia o no, chi legge deve per forza di cose operare delle classificazioni in base ai propri gusti e dunque far aderire un dato libro a un dato genere, o  almeno ad una combinazione di alcuni di essi; non è, infatti, inusuale trovarsi davanti un’opera che presenta al suo interno un “medley” di elementi tipicamente appartenenti a generi diversi fra loro, sia sul piano tematico che su quello espressivo; è così che, per esempio, nascono generi come il tanto popolare “paranormal romance”, il mash-up o ancora l’horror grottesco, il thriller fantascientifico, soprannaturale o psicologico, solo per citarne alcuni.

Il quadro della classificazione è molto, molto ampio, perciò mi limiterò ad un breve excursus, dopotutto questa vuole essere prima di ogni altra cosa una rubrica di scrittura narrativa -che è quello di cui mi occupo io-, di fiction… 

Lasciamo, per tanto, fuori da queste pagine, tutto ciò che concerne il mondo della scrittura nonfiction; sulla quale, sono sicura, ci saranno là fuori tante altre rubriche o siti interessanti.


A questo punto, una prima macro-distinzione da fare nell’ambito della fiction è quella che segue:

-Narrativa
-Lirica
-Drammatica
-Letteratura tematica


Ecco, invece, uno schema relativo alle “sottocategorie”:





Facciamo una distinzione grossolana fra fiction e nonfiction…

Fiction= tutto ciò che è frutto dell’immaginazione dell’autore, o è rielaborato con la sua fantasia.

Nonfiction= tutto ciò che è “reale” o realmente accaduto ed indicato esplicitamente come tale all’interno del testo…

Quali sono le differenze fra testo letterario e non?

Ne citiamo alcune…

-Scopo
-Linguaggio
-Funzione
-Messaggio
Mondo rappresentato
-Metodo di lettura


Direi che si spiegano abbastanza bene da soli, ma per chi volesse approfondire, ecco un paio di link interessanti:

http://www.criticalreading.com/fictionvnonfiction.htm

http://www.criticalreading.com/fiction.htm

https://it.wikipedia.org/wiki/Genere_letterario

http://www.studyzone.org/testprep/ela4/a/fictionnonfictionl.cfm



Bibliografia:


“Nuovo Quattro colori- Libro Giallo”, A. Mariotti/ M.C. Sclafani/ A. Stancanelli, Casa Editrice G. D’Anna, 2000.



*Nota, come già accennato, sto scrivendo la rubrica con Scrivener, lo schema riportato sopra è stato, invece, realizzato con Scapple, un'altro simpatico programma, molto utile per "raccogliere le idee" fra le altre cose;parlerò di questi programmi -e di altri- più approfonditamente in future sezioni della rubrica...











mercoledì 12 agosto 2015

Finalmente posso annunciare su questo blog come si deve l’uscita di "Vive o Morte vol. II", una connessione così lenta da far sembrare uno zombie di Romero più veloce di Speedy Gonzales me lo ha impedito fino ad oggi!


Per adesso, potete trovare l’ebook su Amazon-Kindle, ma presto sarà disponibile anche su Googleplay, su Kobo e in cartaceo.

Rimanete sintonizzati per altre notizie e per la prossima uscita della rubrica "Vaneggiamenti di una Scribacchina”.

Se vi va, fate un salto sulla pagina “Song of the Week” che, in onore di Vive o Morte, questa settimana “ospita” come new entry la canzone “Living Dead Girl”, per ovvi motivi :P

A presto, godetevi le vostre vacanze e un buon libro, mi raccomando!


Ps, non dimenticate che Vive o Morte vol. I è disponibile in free download nei vari store, non perdetevelo!

sabato 8 agosto 2015

Vaneggiamenti di una Scribacchina: 2 "Dalla Lettura alla Scrittura"



“If there's a book that you want to read, but it hasn't been written yet, then you must write it.”
- Toni Morrison

                 

 Dalla Lettura alla Scrittura


Credo che passare dalla lettura alla scrittura sia un passo davvero breve, infinitesimale, per uno scrittore e che, spesso, chi si accinge a scrivere lo compia spontaneamente -come è giusto che sia- e senza farsi troppe domande su come avvenga il passaggio, ma visto che siamo qui per parlare di scrittura a 360°, oggi ci soffermeremo proprio su questo. 

Come sottolineato la settimana scorsa, per scrivere in maniera verosimile bisogna leggere e leggere tanto, ne consegue che saper scrivere bene, significhi anche saper leggere bene.
Non si può certo dire che ci siano modi “sbagliati” di leggere, ma di certo ce ne sono di diversi, tutti per qualche verso utili a chi scrive. 
Mentre riflettevo su cosa scrivere per questa “uscita” della rubrica mi sono imbattuta in un testo scolastico davvero utile* che tratta, tra l’altro, proprio di questo argomento e mi sono permessa di adattarlo un po' al punto di vista di uno scrittore.

Secondo questo volume, bisogna “saper leggere”, questo vuol dire che il lettore in generale -e lo scrittore in particolare- non sempre può limitarsi ad aprire un libro e gettarsi nella lettura, per quanto possa essere piacevole e allettante.

Ma andiamo con ordine...

Aperto un nuovo libro, si fanno -più o meno consapevolmente- delle scelte  “logistiche”: dove leggere, quando, quanto tempo dedicare all'attività…  

Un’altra scelta riguarda il “tipo” di lettura che andrà ad occuparci e un’altra ancora è legata alle nostre motivazioni: perché stiamo leggendo un dato libro?

Se si volesse essere schematici -e per evitare di scrivere una dissertazione di 10.000 pagine, invece di una rubrica, ho deciso che cercherò di esserlo sempre e il più possibile- si potrebbe partire con il distinguere due modi di leggere.

Il testo di cui vi accennavo chiama questi due modi di leggere “lettura ingenua” e “lettura critica”, utilizzando definizioni che si spiegano praticamente da sole, ma vediamo comunque di cosa si tratta…

La lettura ingenua affronta il libro con in mente solo una parentesi di svago per chi legge, è una lettura disimpegnata, una lettura alla quale ci si dedica unicamente per piacere; la si potrebbe, secondo me, anche definire “lettura rapida”. Alla fine di una “lettura ingenua” al lettore, del libro letto, rimane ben poco: la trama, i nomi dei personaggi e qualche loro caratteristica fondante, un insieme di impressioni ed emozioni che confluiscono in un’idea che ci si è fatti del romanzo: il “Mi è piaciuto”/”Non mi è piaciuto”

La lettura critica, invece, pur costituendo comunque uno svago, porta chi legge a farlo“criticamente”, appunto. Chi legge in questo modo, lo fa con cognizione di causa, conosce le leggi che dovrebbero governare l’universo di un certo tipo di romanzo, nonché tutte le convenzioni che possono renderlo più o meno verosimile e realistico. 
Chi legge criticamente, insomma, lo fa analizzando la struttura del testo, andando in profondità, senza fermarsi ad un basilare livello di comprensione (come avviene con la “lettura ingenua”). 

Così leggono i lettori, ma come devono leggere gli scrittori?
Qual è il modo corretto?

Entrambi. Uno scrittore dovrebbe adottare ambo i metodi se possibile.

Si capisce bene come leggere solo “ingenuamente” porterebbe chi scrive ad un’analisi insufficiente del testo, mentre una lettura eccessivamente critica -deformazione professionale più o meno involontaria di chi ama scrivere- risulterebbe troppo formale, incapace di riconoscere il valore delle sfumature più semplici, degli aspetti prettamente d’intrattenimento, per così dire.

Vi riporto un brevissimo passaggio dal testo:

“Nel momento in cui uno scrittore si accinge a scrivere un romanzo, un racconto, una lirica, stabilisce con il lettore un’intesa, un patto (si parla, appunto, di patto narrativo), in base al quale egli crea un mondo all'interno del testo, lo organizza come meglio crede e il lettore, dal canto suo, si impegna a seguirlo nel suo percorso senza stupirsi di nulla, facendosi, per così dire, condurre per mano…”

Ovviamente qui parliamo di testi letterari in generale e di fiction in particolare.

Il lettore ingenuo, dunque, si ferma alla superficie, non si concentra sulle componenti del testo, sulle “tecniche narrative” impiegate dall'autore; al contrario, il lettore critico, pur tenendo presente il patto indirettamente stipulato con l’autore, non solo riesce a compiere una netta distinzione fra “mondo scritto” e mondo reale, contestualizzando le azioni dei personaggi, riflettendo sui dialoghi e cercando di comprendere come i vari “fili” della trama si intersechino fra loro all'interno della storia, ma si dà da fare per scendere in profondità all'interno della scrittura e comprendere i suoi meccanismi, gli ingranaggi che fanno funzionare la trama.

È come un continuo "giocare a nascondino" fra scrittore che tenta di sparire il più possibile dietro e dentro il suo elaborato e lettore critico che cerca in ogni modo di scovarlo per capire come lavora e quale sia il suo messaggio.

La migliore chance che uno scrittore ha di  vincere la partita, rimanere ben nascosto e, conseguentemente, scrivere una buona storia è sperimentare l’altro lato del patto, dunque, ed essere prima di tutto un lettore accanito in grado di farsi trasportare dalle onde della storia, senza mai perdere di vista la riva costituita dalle regole che dovrebbero governarla.


Quindi come si compie il passaggio dalla lettura alla scrittura?

La verità, è che, in fin dei conti, non si effettua mai veramente, secondo me, non se si vuole scrivere qualcosa di buono: lo scrittore è  per sempre un lettore, ingenuo e critico insieme, anche mentre scrive le sue stesse storie.










*Bibliografia: “Nuovo Quattro colori- Libro Giallo”, A. Mariotti/ M.C. Sclafani/ A. Stancanelli, Casa Editrice G. D’Anna, 2000.













sabato 1 agosto 2015

Vaneggiamenti di una Scribacchina: 1 "Leggere prima di Scrivere"



“The person, be it gentleman or lady, who has not pleasure in a good novel, must be intolerably stupid.”
― Jane Austen



Leggere prima di Scrivere

Perché cominciare una rubrica dedicata alla scrittura parlando di lettura?
Se vi state facendo questa domanda, siete nel posto sbagliato.

Uno scrittore che non legge è una contraddizione in termini, come uno chef anoressico e intollerante al 99,99 % dei cibi che prepara.

I libri per una persona che si accinge a scrivere devono essere tutto: il suo cuscino, la sua coperta, la cosa che desidera di più, la cosa in cui meglio si riconosce, tutto il suo mondo o quasi.

Chi ha dei dubbi in merito non può veramente definirsi uno scrittore.
A chi tra i più innocenti di voi si sta chiedendo “Ma c’è veramente gente là fuori che vuole scrivere senza avere una passione divorante per la lettura, per i libri?”

La risposta è sì, purtroppo, e se non mi credete basta che vi facciate un giro in libreria o  navighiate un po’ sugli e-book store per vedere quanta roba  -non me la sento di chiamarli libri-  firmata da coloro che si definiscono scrittori senza avere amore per i libri viene pubblicata ogni minuto di ogni giorno.

Ma chi è uno scrittore e chi lo definisce tale?

E’ una cosa che si impara a scuola, un titolo che si acquisisce con l’esperienza? Non direi, non necessariamente.

Uno scrittore è per forza di cose qualcuno che un giorno, magari quando ancora non sapeva nemmeno camminare bene su due gambe, ha deciso che “da grande” avrebbe raccontato storie.

Perché?

Perché per qualche ragione ha sempre provato un fascino insopprimibile per i libri, a volte anche prima di sapere cosa fossero, perché ha sempre adorato sentirsi raccontare storie, poi leggerle e infine raccontarle...

Il titolo di scrittore è qualcosa che una persona si attribuisce da sé, ma questo non significa che non ci debbano essere dei prerequisiti minimi e l’amore per la lettura deve necessariamente essere in cima alla lista.

Adorate i libri? Leggete e rileggete le stesse storie?
Provate una sana dose di invidia costruttiva ogni volta che vedete una puntata di “The Walking Dead” sulla Fox o aprite una pagina a caso di un libro qualunque di un mostro sacro del passato come la Austen o un moderno incantatore di lettori come Stephen King e sospirate: “Ah, come avrei voluto scriverlo io questo!”?

Allora siete scrittori, state tranquilli.

Qual è dunque la Prima Regola per chiunque si accinga a scrivere un libro?

Essere un divoratore di libri, libri stupendi, libri orrendi, libri di ogni genere.

E quando vi si stancano gli occhi?

Guardare film o telefilm, tanto quelli appassionanti quanto quelli pallosi, per capire cosa li fa funzionare e cosa fa schifo.

Ecco la Regola Principe secondo Stephen King (On Writing): Scrivere molto e leggere molto… tutto quello che(mi)capita sottomano.



Se lo sproloquio scritto sopra vi rispecchia in qualche modo, fate il primo passo verso la scrittura: datevi il permesso di scrivere e di credere in voi stessi!

Potrete trovare uno spunto interessante in questo post del blog “The Creative Penn”, intitolato “You have Permission!”


Leggere, leggere, leggere, quindi.

E poi?

Be’, se ci pensate la conseguenza è un po’ ovvia: scrivere, scrivere, scrivere!

Uno scrittore e una persona che scrive tutti i giorni se può e quando non può scrive comunque in ogni momento libero a disposizione.

Ehi, un momento!
Ma non è un po’ ossessivo?!

Sì… assolutamente, ed è una cosa meravigliosa anche per questo, no?